venerdì 17 agosto 2012

Moneta e debito pubblico: al di la delle apparenze

Tramite la moneta i membri di una società si legano in un rapporto reciproco di credito e debito, non dissimile nella sostanza dai legami che attraverso lo scambio di doni univano i membri delle società pre-monetarie.
Il dono o scambio "antropologico" che è stato possibile osservare nelle tribù primitive giunte sino ai tempi moderni crea sempre un qualche vincolo di restituzione, ed è quindi assimilabile ad una obbligazione creditizia.

L’elemento rivoluzionario che la moneta introduce rispetto allo scambio di doni è la spersonalizzazione del rapporto tra creditore e debitore, liberando un potenziale attivismo economico non eguagliabile da economie ove i vincoli di debito e credito sono esclusivamente antropologici (La principale motivazione di questo fatto credo risieda nell’estensione spazio-temporale dei processi economici consentita dalla spersonalizzazione. Ad esempio il contadino di Schumpeter che coltiva il grano senza bisogno di sapere chi mangerà il pane prodotto con la sua farina, o l’anziana vedova che vive spendendo gli interessi di denari investiti decenni prima in titoli del debito pubblico. L'interrogativo se la spersonalizzazione rappresenti anche un progresso spirituale oltre che economico è legittimo, ma è ovviamente al di fuori degli ambiti di questo articolo).

La moneta rappresenta genericamente e impersonalmente un credito che il suo possessore ha nei confronti della società nel suo complesso. Il debito però non si estingue mai, ma passa di mano in mano, perchè la riscossione del credito avviene o pagando le tasse o comprando beni o servizi, e chi li vende acquista un credito (la moneta ricavata dalla vendita) che potrà a sua volta riscuotere. Le tasse in realtà estinguono il debito, ma solo momentaneamente, perchè la spesa pubblica origina nuovi crediti (la moneta spesa dallo stato) e li reimmette nella economia privata.

Questo è un punto molto importante: la spesa pubblica crea sempre un debito per lo stato, che diventa un credito (moneta) per i privati (cittadini e imprese), che se lo scambiano riscuotendolo sotto forma di beni e servizi acquistati, finche non lo estinguono pagando le tasse. Le tasse solo formalmente e apparentemente finanziano la spesa pubblica. Nella realtà economica le tasse estinguono il debito che lo stato (i rappresentanti della società che governano ed esercitano la sovranità monetaria e fiscale) ha contratto verso i privati (la società che è governata) tramite la spesa pubblica.
Non vi è nessun legame necessario tra spesa pubblica e tasse. Le tasse solo apparentemente finanziano la spesa pubblica. Spesa pubblica e tasse possono seguire, e di fatto nella realtà storica seguono da sempre, strade divergenti. L’equilibrio del bilancio statale, cioè l’equilibrio tra tasse e spesa pubblica, è un punto di riferimento per capire se lo stato stia aumentando o meno i crediti monetari in possesso del settore privato. Un deficit dello stato corrisponde ad un equivalente aumento del credito monetario complessivo in possesso dei privati.

Ovviamente lo stato deve stare molto attento a non abusare della propria facoltà di indebitarsi e quindi di creare crediti privati, che, se eccessivi, la società non sarà in grado di ripagare producendo un’adeguata quantità di beni e servizi. Altrimenti a quel punto solo con le tasse sarà possibile ridurre i crediti dei privati ed evitare un eccesso di domanda dei beni e dei servizi che farebbe aumentare i prezzi riducendo il potere di acquisto della moneta (del credito sociale vantato dai possessori di moneta).

Quindi i sostenitori del rigore nei conti pubblici hanno molte buone ragioni dalla loro parte, ma la loro argomentazione polemicamente più efficacie e quindi abusata, vale a dire che "lo stato deve essere come un buon padre di famiglia che non può spendere più di quanto guadagna" non è veritiera e, ciò che è peggio, stende un velo di apparenze che nasconde la vera natura del debito pubblico, che sarebbe importante fosse invece ben riconosciuta per creare tra i cittadini il consenso per misure di politica fiscale e monetaria realmente efficaci per il buon andamento dell’economia:

  • Sostenere le attività produttive e quindi l’offerta di beni e servizi per rendere sostanziale la difesa del potere di acquisto della moneta e quindi del risparmio (monetario) della collettività.
  • Investire in tecnologia, infrastrutture, ricerca scientifica, istruzione di base e formazione professionale per aumentare la futura capacità produttiva del paese e quindi proteggere il risparmio di oggi garantendo potere di acquisto domani.
  • Ridurre gli sprechi e la spesa pubblica improduttiva, perchè fornire redditi al settore privato tramite spesa pubblica non produttiva non crea ricchezza, ma crea soltanto crediti verso il sistema produttivo (domanda di beni e conseguente aumento dei prezzi) che possono solo ridurre il potere di acquisto di tutta la collettività.
  • Evitare l’errore di soffocare la capacità produttiva di un paese ponendosi l’obiettivo di assorbire un eccesso di moneta nel sistema privato tramite un aumento delle tasse troppo gravoso.
  • Evitare l’errore di considerare il pareggio di bilancio come un vincolo e la follia di imporlo con una legge costituzionale.


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