lunedì 13 agosto 2012

Capitalismo finanziario e industriale - Parte 6

Questo post in più parti è una elaborazione molto libera di questo articolo di Michael Hudson From Marx to Goldman Sachs: The Fictions of Fictitious Capital a cui attinge(copia) numerosi contenuti.
La posizione di M. Hudson rappresenta una critica molto radicale del capitalismo finanziario internazionale egemonizzato dalle oligarchie finanziarie statunitensi e britanniche. Le sue analisi riguardano prevalentemente l'economia statunitense e molte considerazioni richiederebbero un adattamento al contesto europeo e italiano.


Puntate precedenti:
Parte 1 - Introduzione
Parte 2 - La discussione su quale ruolo produttivo e industriale avrebbe giocato l'alta finanza
Parte 3 - La simbiosi del capitale finanziario con il settore immobiliare
Parte 4 - Le scorrerie del capitale finanziario sull'industria
Parte 5 - Il capitalismo dei fondi pensione

Conclusioni

Il capitalismo finanziario è diventato una rete di crediti fruttiferi che avvolge e soffoca l'economia di produzione e cresce a ritmi esponenziali. Le sue dinamiche portano a crisi per insolvenza dei debitori, conseguente deflazione da debito e appropriazione indebita dei beni dati in garanzia. L'economia si è trasformata in uno schema Ponzi dove il servizio del debito riscosso (interessi più commissioni) viene riciclato per concedere nuovi prestiti e gonfiare i prezzi dei beni dati in garanzia in misura sufficiente a giustificare ancora nuovi prestiti. Ma un limite a tutto questo è imposto dalla contrazione della capacità dell’economia di produrre surplus di reddito (reddito in più rispetto alle esigenze di sopravvivenza) necessario per coprire il servizio del debito in scadenza. La matematica dell'interesse composto spinge la crescita del debito ad una velocità non raggiungibile dalla economia reale.

Prendere a prestito per fare guadagni speculativi con l'inflazione dei prezzi dei beni e dei titoli non implica investimenti materiali in mezzi di produzione. Il costo del debito cresce esponenzialmente senza che cresca il credito produttivo. D’altronde è sempre più rischioso mano a mano che la crescita dei debiti minaccia crisi di insolvenza e quindi deflazione da debito che contrarrà consumi e investimenti rendendo impossibile la remunerazione di capitali investiti nella produzione.

Mezzo secolo di programmi di austerità del Fondo Monetario Internazionale hanno dimostrato come questa politica usuraia sia distruttiva, limitando la capacità dell'economia di creare un surplus. Tuttavia, le economie di tutto il mondo ora basano la propria pianificazione previdenziale, le assicurazioni mediche, le finanze statali e locali, sulla fede nell'interesse composto, senza vedere la contraddizione interna di una deflazione da debito che restringe il mercato interno e blocca le economie in via di sviluppo.

Ciò che è irrazionale in questa politica è l'impossibilità di raggiungere l'interesse composto in una economia "reale" la cui produttività viene erosa dall'onere di una espansione finanziaria che rastrella una quota crescente di surplus. Nel frattempo, un gioco di prestigio fiscale ha portato la Social Security e il Medicare fuori dal bilancio generale e li tratta come "canoni di utenza" piuttosto che diritti.

Questo impone agli operai salariati di pagare un tasso fiscale di gran lunga superiore a quello del settore finanziario, assicurativo e immobiliare. La ritenuta sullo stipendio per i contributi è diventata "un risparmio anticipato" forzato, apparentemente destinato ad essere investito in futuri "diritti" di spesa, ma in pratica prestato al Tesoro per consentirgli di tagliare le tasse sulle fasce di reddito superiori. Invece di finanziare la Social Security e il Medicare con imposte progressive prelevate sulle fasce più alte di reddito - il sogno di privatizzazione dei programmi di assistenza è quello di regalare questo surplus fiscale ai Money Manager per investirlo in borsa e far salire i prezzi azionari e obbligazionari, come fece il capitalismo dei fondi pensione a partire dagli anni 60.

Un secolo fa i futurologhi economici immaginarono che il lavoro avrebbe guadagnato salari più alti per spenderli in qualità della vita. Ma nella generazione passata, il lavoro ha usato il suo reddito semplicemente per sopportare un livello di indebitamento più elevato. Il reddito in surplus oltre ai bisogni di base è stato "capitalizzato" nel servizio del debito su prestiti bancari, utilizzati per finanziare l'acquisto a debito di alloggi e per pagare l'istruzione (che in origine si prevedeva sarebbe stata pagata con le tasse sulla proprietà) e altri bisogni di base. Sebbene le prigioni per debitori siano un ricordo del passato, una caratteristica finanziaria del nostro tempo è l'obbligo "post-industriale" a lavorare una vita per pagare i debiti per l’istruzione e la casa.

Nel frattempo, i settori finanziario, assicurativo e immobiliare rappresentano ormai il 40 per cento dei profitti degli Stati Uniti. I lobbisti finanziari hanno condotto un dietro-front regressivo verso una economia contro-illuminista. Invertendo una tendenza di otto secolo a favore dei debitori, il diritto fallimentare è stato riscritto lungo linee orientate al creditore da banche, compagnie di carte di credito e altri istituti finanziari, con la complicità dei politici, in quella che meglio potrebbe essere definita una democrazia finanziarizzata - o come la chiamavano gli antichi, una oligarchia. Spostare il carico fiscale sul lavoro usando le entrate pubbliche e la creazione di nuovo debito per salvare il settore bancario ha polarizzato l'economia americana (tra ricchi e poveri) al grado più estremo da quando dati statistici hanno cominciato ad essere raccolti.

L'era delle riforme progressiste prevedeva che la pianificazione passasse nelle mani del governo, non in quelle di un settore finanziario in contrasto con la formazione di capitale industriale e della crescita economica. Quasi tutti un secolo fa prevedevano che le infrastrutture si sarebbero sviluppate nel pubblico dominio, sotto forma di servizi pubblici forniti gratuitamente, o almeno a tassi agevolati, al fine di abbassare il costo della vita e del fare business. Invece, le imprese pubbliche dal 1980 sono state privatizzate - a credito - e trasformate in postazioni privilegiate da cui estrarre rendita economica. I banchieri capitalizzano queste opportunità, che vengono cedute a credito.

Poco rimane per l'esattore delle tasse dopo lo scarico di interessi, ammortamenti, stipendi manageriali e stock options. La stretta fiscale derivante impoverisce le economie, obbligando i governi a ridurre le loro spese o a spostare l'onere fiscale sul lavoro e sul settore non-finanziarizzato.

La dinamica finanziaria risultante è più simile a quella che Marx descrisse come capitale usurario piuttosto che al capitale bancario industriale. Nello spirito dei san-simoniani egli credeva che il capitalismo industriale avrebbe diretto il credito verso la formazione di capitale produttivo, si aspettava che la pianificazione finanziaria avrebbe aperto la strada ad una riorganizzazione socialista della società. Invece, sta spianando la strada per un neo-servaggio. Gli operatori finanziari stanno utilizzando il credito come arma per accaparrarsi asset aziendali per conto di banchieri e obbligazionisti.

I dipendenti possono permettersi case e altri beni solo prendendo a prestito il prezzo di acquisto - a condizioni che implicano una vita di schiavitù per debiti, e che anzi (nella maggior parte dei paesi) prevedono la responsabilità personale per il patrimonio netto negativo, quando i prezzi delle abitazioni precipitano al di sotto del livello dei mutui ancora da ripagare.
La pianificazione governativa è stata subordinata ai dettami di banchieri centrali non eletti e del Fondo monetario internazionale, che impone programmi di austerità, piuttosto che finanziare la formazione di capitale industriale e la qualità della vita.

Dopo aver analizzato la tendenza del capitale finanziario a crescere in modo esponenziale, Marx tuttavia credeva che esso sarebbe stato subordinato alle dinamiche del capitale industriale. Con un tono darwiniano ottimista condivise la tendenza dei suoi contemporanei a sottovalutare i modi in cui gli interessi acquisiti avrebbero lottato per conservare i loro privilegi, anche a fronte di una riforma politica democratica. Si aspettava che il capitalismo industriale mobilitasse il capitale finanziario per finanziare la sua espansione, investendo profitti e ritorni finanziari in ulteriore formazione di capitale industriale.

Sarebbe stato poi compito del socialismo promuovere la spesa di una parte maggiore di questo surplus per l'aumento dei salari e del tenore di vita, migliorando le condizioni del lavoro. In tal modo i beneficiari finali della formazione del capitale sarebbero diventati la spesa in infrastrutture e l'aumento del tenore di vita, e non i proprietari terrieri, i monopolisti o la finanza predatoria.

Le cose non sono andate così. Sempre più surplus economico è convogliato verso la rendita fondiaria e il pagamento degli interessi. Eppure, molti dei seguaci di Marx confondono la sua analisi del capitale industriale con la dinamica finanziaria del "capitale usurario". Quest'ultimo non fa parte dell'economia industriale, ma cresce autonomamente, andando sempre oltre la capacità dell'economia di produrre un surplus sufficiente per pagare il costo finanziario.

Il sistema creditizio, che ha il suo epicentro nelle banche cosiddette nazionali e nei grandi prestatori e negli usurai che li circondano, costituisce una enorme centralizzazione di potere e ricchezza, e dà ad una classe il cui contributo alla produzione è minimo, quando non negativo, il potere favoloso, non solo di spogliare periodicamente i capitalisti industriali, ma di interferire nel modo più pericoloso nella pianificazione produttiva.

La società deve quindi affrontare una scelta tra salvare l'economia, cancellando debiti fino a portarli entro la capacità di sopportarli senza spogliare l'economia, o salvare il settore finanziario, cercando di preservare la finzione che i debiti che crescono ad interesse composto possano essere pagati.
Per le pensioni e altri programmi pubblici, per esempio, questo significa una scelta tra: Pagarli su una base pay-as-you-go, dal surplus economico "reale" del momento, o l'assunzione fittizia che i fondi possano ottenere rendimenti annui dell'8 per cento o più per provvedere alle pensioni da lavoro per mezzo di una inflazione dei prezzi dei titoli alimentata dalla leva del debito e da manovre esclusivamente finanziarie.

Se l'evoluzione economica deve riflettere la logica interna e le esigenze delle capacità tecnologiche della società, allora il capitale finanziario deve essere subordinato a servire l'economia, non essere autorizzato a dominare e a soffocarla. Questo è ciò che John Maynard Keynes intendeva con ciò che egli gentilmente chiamò l'"eutanasia del redditiero". In pratica ciò significa che i governi devono impedire che le rendite da proprietà e altri redditi privilegiati siano capitalizzati in prestiti bancari.

Per salvare la società, i suoi membri debbono diventare consapevoli che l'inflazione dei prezzi dei beni, alimentata dalla leva del debito, li rende più poveri e non più ricchi, e che la finanziarizzazione è il distruttore e lo sfruttatore sia del capitale industriale che del lavoro. L'obiettivo dell'economia politica classica era quello di portare i prezzi in linea con i costi di produzione socialmente necessari. Questo doveva essere raggiunto in larga parte tassando la rendita economica, al fine di impedire che venisse capitalizzata in prestiti a nuovi acquirenti. L'acquisto di opportunità di estrazione di rendita in materia di credito aumenta i prezzi per i bisogni di base, trasformando la società in una "economia a dazio". Costringe inoltre i governi a compensare i mancati introiti fiscali aumentando le tasse sul lavoro e sul capitale tangibile.

Molti partiti socialdemocratici e del lavoro sono saltati sul carro del capitale finanziario, non riconoscendo la necessità di salvare il capitalismo industriale dalla dipendenza dal capitale finanziario neo-feudale, prima che il più antico conflitto tra lavoro e capitale industriale, rispetto ai livelli salariali e alle condizioni di lavoro, possa essere portato avanti. Questo è ciò che accade quando si legge solo il primo volume del Capitale, trascurando la discussione sul capitale finanziario nei volumi II e III e nelle "Teorie sul plusvalore".


Questo post in più parti è una elaborazione molto libera di questo articolo di Michael Hudson From Marx to Goldman Sachs: The Fictions of Fictitious Capital a cui attinge(copia) numerosi contenuti.

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