giovedì 2 febbraio 2012

Cicale e formiche - Parte 3


Puntate precedenti:
Parte 1 - Cicale e formiche nel mondo globalizzato
Parte 2 - La botte piena e la moglie ubriaca


Di come i paesi formica “furbetti” si sono trasformati in mezze cicale che godono come una cicala intera e in mezze formiche che con l’esercito, la tecnologia e la finanza dominano il mondo

Quando un grande paese formica diventa un grande paese industriale, diventa anche un paese con un grande numero di tecnici e operai specializzati, che fanno grande l’industria, ma sono anche capaci di organizzarsi sindacalmente e fare valere i loro diritti. Non c’erano solo i paesi cicala a pesare sullo sviluppo della ricchezza (dei più ricchi), ma ci si mettevano anche i lavoratori sindacalizzati.

Il governo delle formiche “furbe” doveva trovare una soluzione per liberarsi dai ceppi che limitavano la crescita della “ricchezza”, pensando anche l’inpensabile.
Ed ecco che nel 1972, proprio lo stesso presidente che un hanno prima aveva deciso di abolire la convertibilità in oro del dollaro, osò concepire l’inimmaginabile.
Esisteva un grande paese, il più popoloso di tutti, con cittadini laboriosissimi ma che vivevano in povertà a causa di una cultura millenaria che non aveva mai apprezzato la tecnologia applicata all’industria e che non conosceva i poteri della finanza. Questo paese era addirittura governato da un partito comunista. Il governo del paese formica “furbetto” ebbe l’idea che avrebbe risolto a suo favore i problemi che impantanavano la “crescita”.
Il grande paese comunista, così povero di industrie, ma ricco di uomini volonterosi, poteva e doveva diventare un nuovo grande paese formica industriale, che avrebbe lavorato al posto delle formiche del paese furbetto ma senza mai raggiungere la sua forza politica e militare.
L’idea era semplicemente grandiosa. Se il progetto fosse andato in porto avremmo avuto, per la prima volta nella storia un grande paese formica, quindi creditore nei confronti dei paesi cicala, che invece di acquisire poteri nei confronti del debitore ne era invece quasi asservito.

Fu chiamata diplomazia del ping pong.
“Nel febbraio del 1972 Richard Nixon compì la sua storica visita in Cina. Due mesi dopo il viaggio di Nixon, dal 12 al 30 aprile 1972, Zhuang Zedong ricambiò in qualità di capo delegazione della squadra di ping pong cinese.” (Wikipedia). 

Beh le cose non filarono lisce sin dall’inizio ma 40 anni dopo l’obiettivo può dirsi raggiunto. La Cina è oggi la manifattura del mondo.
E' diventata una formica instancabile che non sa come investire i suoi guadagni se non investendo per produrre sempre di più. Il suo enorme avanzo della bilancia commerciale è costretta ad investirlo comprando buoni del tesoro statunitensi, finanziando così i consumatori americani che possono comprare con i soldi prestati dai cinesi le merci prodotte dai cinesi.
Il potere contrattuale dei lavoratori americani, ed occidentali in genere, è stato ampiamente ridimensionato, e con le produzioni che vengono trasferite in Cina calano posti di lavoro e salari. Finanza e grandi multinazionali hanno invece la possibilità di muoversi su uno scenario mondiale globale per cercare migliori opportunità di investimento dei capitali, sempre nuove speculazioni e costi minori delle produzioni, riuscendo ad aumentare i propri profitti anche in tempi di crisi. Potere politico e finanziario si muovono in sintonia perfetta, dal momento che i ministri dell’economia e delle finanza sono quasi ovunque ex grandi banchieri, che spesso tornano a fare i banchieri una volta terminato il loro mandato. I problemi finanziari delle banche possono quindi essere scaricati con facilità sui bilanci pubblici e fatti pagare ai cittadini contribuenti.

Qualcuno potrà pensare: ma potenziando la manifattura di un grande paese come la Cina, per di più comunista, si corre il grave rischio di vederne crescere eccessivamente la potenza. In effetti questo argomento è al centro del dibattito politico statunitense ed è un ottimo argomento per sostenere la spesa militare, che rappresenta la voce più significativa, e sempre in crescita, del bilancio pubblico USA. La settima flotta statunitense staziona permanentemente nei mari del sud-est asiatico, ed è un formidabile coltello puntato alla giugulare del colosso cinese.

I rischi su questo fronte, per il momento, sono quindi sotto controllo.

Puntata successiva: Parte 4 - Di come i paesi formica “crucchi” ...

Nessun commento:

Posta un commento