domenica 29 marzo 2020

Emergenze riparatrici

Ogni processo di sviluppo genera squilibri. Si creano creditori e debitori, vincenti ad alto reddito e perdenti con redditi al limite della sopravvivenza. Nel commercio internazionale si creano paesi in surplus e paesi in deficit. Al più forte affluiscono copiose le risorse per diventarlo sempre di più.

Gli squilibri, crescendo oltre un certo limite, compromettono la posizione di tutti. Quando il rapporto tra forti e deboli assume carattere predatorio lo smagrimento delle prede diventa un problema per i predatori che debbono cominciare a mordersi tra loro.

Prima o poi diventa necessario correre ai ripari, ma il farlo crea tensioni che indeboliscono chi agisce per primo. Ridurre un impoverimento diffuso, sebbene relativo, comporta redistribuire ricchezza e posizione sociale, dare ad alcuni e togliere ad altri. Ma coloro ai quali deve essere tolto non ci stanno a perdere e fanno ostruzione a chi governa, rendendo un paese più facile bersaglio di vicini aggressivi.

E’ per questo motivo che da sempre quando gli squilibri diventano insostenibili si è dovuto ricorrere ad uno stato di emergenza o alla guerra aperta.

Una economia di guerra, o uno stato di emergenza, rendono accettabili sacrifici a cui in tempo di pace ci si ribella e dà la forza politica di imporre rinunce.

(Dallo zibaldone del 25/8/2014)

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