giovedì 20 settembre 2012

Miopia e presbiopia del risparmio

Miopia e presbiopia nell’uso dei risparmi privano il mondo di investimenti in eternità e lo conducono alla depressione economica.
 

Il desiderio di accumulare fonti di guadagno è caratterizzato da una sorta di miopia che colpisce prevalentemente il soggetto economico ad alto reddito, il quale propende a impiegare una parte crescente del proprio reddito non nel consumo, ma in investimenti, finanziari o produttivi, nell’assunzione di potere aumentare i guadagni senza che ciò abbia un limite.

Nel caso dell’investimento produttivo la miopia conduce ad un eccesso di produzione rispetto alle possibilità di consumo. Ogni investimento genera un profitto solo se alla fine del processo di produzione i beni di consumo finali prodotti vengono venduti ad un prezzo conveniente. Se nell’orizzonte visuale soggettivo del singolo investitore vi può essere ottimismo che i suoi prodotti possano essere venduti, il fatto che nell’insieme dell’economia la propensione a consumare diminuisca, in proporzione al reddito globale, man mano che produzione e redditi crescono, rallenta la crescita della domanda di beni, facendo scendere i ricavi e compromettendo la convenienza degli investimenti.

L’investimento finanziario può sembrare un correttivo all’eccesso di investimento produttivo, perchè finanziando in larga misura il debito pubblico ed i consumi dei privati che acquistano immobili, auto e altri beni durevoli a credito, per un certo periodo accresce i consumi. In questo caso la miopia consiste nel credere che gli interessi sul debito, che crescono con la legge dell’interesse composto, aumentando sempre più il debito e sottraendo reddito spendibile ai consumatori indebitati, possano essere ripagati. Viene sempre il momento in cui un volume crescente di debiti non può più essere considerato onorabile. La crisi di fiducia e finanziaria che ne consegue crea difficoltà per gli indebitati ad ottenere nuovo credito e li costringe ad una corsa affannosa per ridurre la propria esposizione tagliando i consumi, per evitare il fallimento. La conseguenza è una deflazione da debito che può provocare uno stato prolungato di depressione economica (per crisi dei consumi e scarsa convenienza ad investire), che dura fino a quando i debitori non sono riusciti a ridurre i debiti ad un livello che rassicuri i creditori e consenta di ottenere nuovi prestiti.

La miopia dell’accumulazione delle fonti di guadagno è un problema economico storico ed universale, che da sempre perturba le società che hanno raggiunto un sviluppo della loro economia al di la del livello di sussistenza, e dove quindi viene prodotto un surplus che può essere o investito, o consumato per il non essenziale al sostentamento.

Nel mondo contemporaneo la miopia è aggravata da un problema ottico complementare, la presbiopia prodotta da una realtà economica estesa su dimensioni planetarie dove guardando lontano si ha sempre l’illusione di vedere una opportunità favorevole per investire i propri risparmi. Sembra impossibile, all’individuo, che in un mondo così grande non esistano sempre illimitate possibilità di guadagno.

Nelle società di epoche precedenti, i cui commerci erano confinati ad un orizzonte spaziale più limitato, appariva presto evidente, allo sguardo attento, che un eccesso di risparmio del surplus creava problemi. Un raccolto più abbondante del solito, o una serie di anni di raccolti favorevoli, producevano un eccesso di derrate alimentari destinate a marcire nei magazzini. Da qui il gran numero di feste, con sacrifici agli dei, l'invito di popoli vicini per rinsaldare vincoli di amicizia, e l'elargizione di doni per creare obblighi di reciprocità. In epoca medioevale un periodo di buoni raccolti produsse la formazione di quel surplus, allora raccolto in gran parte dalle istituzioni religiose, all'origine della fioritura delle cattedrali gotiche.

Con la scoperta del nuovo mondo e la progressiva formazione di un mercato delle merci e dei capitali, che a poco a poco si è esteso a tutto il globo, sotto l’egemonia prima degli ispano-genovesi, poi degli olandesi, della Gran Bretagna ed infine degli Stati Uniti, le possibilità di investimento sono cresciute effettivamente quasi senza limiti per vari secoli, e l’uso rituale di sacrificare il surplus è decaduto, per riapparire solo in modo irrazionale nel corso di guerre via via più distruttive.

Oggi l’estensione spaziale ormai globale di società ad economie sviluppate, capaci di generare grandi quantità di surplus, crea una situazione nuova. Il mondo è ormai prossimo alla pienezza, o si colonizzano nuovi pianeti o dobbiamo adeguare le lenti dei nostri occhiali alla dimensione planetaria, un villaggio molto molto grande. La destinazione del surplus risparmiato torna ad essere un problema. L’alternativa potrebbe essere tra depressione economica prolungata (provocata dalla sequenza di sovrainvestimento produttivo, sovrainvestimento finanziario, eccesso di debito, crisi finanziaria per insolvenza dei debitori, deflazione da debito) o guerre per eliminare un po di surplus. Sarebbe preferibile che i possessori di ingenti capitali, se proprio non vogliono fare sacrifici finanziando le protezioni sociali ai meno abbienti pagando più tasse, ricominciassero almeno a destinare parte dei loro risparmi alla costruzione di nuove cattedrali e ad altri investimenti in eternità, o magari in cultura.

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